sabato 27 settembre 2014

Dopo essermi occupato per tanti anni di editoria, sia come consulente di case editrici come Mondadori, Bompiani e Rusconi e, più tardi, come responsabile delle attività editoriali di Telecom Italia, ritorno all'editoria. Con Elisa Amadori, giovane dottoranda all'università di Macerata e docente a Perugia, m'imbarco per questa nuova avventura. Elisa ed io infatti cureremo due collane, una di narrativa ("Eideia", divisa in tre sezioni: "Racconti", "Narrazioni" - ovvero romanzi e libri di viaggio, e "Leggere per non dimenticare") e una di saggistica ("Letture del mondo") per la Oltre edizioni. Valorizzazione della tradizione italiana del racconto, romanzi di qualità che abbiano in sé il piacere della lettura, recupero di grandi scrittori (Stefano Terra, Ugo Moretti e altri)  oggi dimenticati e incursioni all'estero, per il momento Grecia (il primo sarà un romanzo tradotto dalla neogrecista Giuseppina Dilillo) e Croazia.I grandi temi della storia e della società visti attraverso la propria esperienza personale per la saggistica. Qui posso dare il primo titolo in uscita a novembre "Settantotto - Comincia l'agonia della prima repubblica" di Fabio Galluccio che ci racconta l'anno del sequestro Moro, della morte di due papi, delle dimissioni del presidente Leone, gli intrighi della P2 che avrebbero coinvolto i vertici della Banca d'Italia. Sarà presentato il prossimo 8 novembre al Pisa Book Festival.  

domenica 4 novembre 2012

IL LIBRO DA REGALARE A NATALE A CHI AMA GLI ANIMALI

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 2-11-2012

Il nuovo libro di Giuseppe Pederiali
CUORE DI CANE L’AMORE SECONDO NULA
Una giovane donna e lo spirito dell’animale con dolce malinconia

di Diego Zandel

Scopriamo dalla foto che li ritrae nel risvolto di copertina, che lo scrittore Giuseppe Pederiali ha un cane che si chiama Nula, appartenente alla razza Jack Russell Terrier. Evidentemente,  la compagnia ha generato una comprensibile sorta di empatia  tra i due, che ha portato Pederiali a immaginare quale potesse essere il mondo, visto con gli occhi del suo cane.  E, da scrittore di razza quale egli è, a sua volta, abituato come i Jack Russel Terrier  a scavare sotto terra, nelle tane più profonde, per  stanare tassi e volpi, è entrato nello spirito dell’animale, proiettandolo in una storia divertente, molto dolce e, a tratti, malinconica se non, addirittura, triste, seppur a lietissimo fine, che comunque dà la misura della distanza che separa gli uomini, complicatissimi, dagli animali, innocenti e spontanei. Ci è entrato tanto nello spirito del suo cane da scrivere il romanzo in cui a parlare in prima persona è Nula stessa. Che, in questo caso, diventa però un altro personaggio, anche se suo simile.
La Nula del romanzo vive in una casa borghese, quella dei Ghedini, una villetta di via Sant’Eusebio a Milano. Filippo Ghedini è un giornalista televisivo famoso, sua moglie Maria Carla vince la noi  casalinga conducendo una esclusiva boutique alla moda e spassandola, nel tempo in cui il marito è al lavoro, con un amante, che incontra con la scusa di portare a passeggio Nula, la quale, suo malgrado, diventa anche la testimone degli incontri a letto tra i due. Nula non è che nutra molta simpatia per i suoi padroni. Lo si apprende fin dall’inizio quando questi, dopo averla fatta accoppiare con un puro esemplare della sua stessa razza, scoprono che a nascere sono dei bastardini, molto simili al cane Camillo, del loro vicino di casa. Tutte le idee che s’erano fatti, tra cui quelle di vendere i cuccioli a caro prezzo, saltano, tanto che Filippo, piccato, senza alcun rimorso si sbarazza dei piccoli bastardini, indifferente al dolore di Nula.
Quest’ultima, però,  non è costretta a sopportare il peso di questo mondo arido, tutto esteriore, senza un briciolo di umanità al suo interno: i coniugi Ghedini, per fortuna, hanno una figlia, Maria Luce, detta Lula (nome che darà vita a simpatici teatrini tra il suo soprannome e quello del cane), la quale è tutto il contrario dei suoi genitori. Ragazza dolce e sensibile, ama di puro affetto Lula, con cui trascorre il tempo tra passeggiate e guardando vecchi film in bianco e nero, lontano dagli ambienti viziati della sua classe sociale, tant’è che i genitori se ne lamentano. Fino ad obbligarla a partecipare a una festa del figlio di un loro amico della Milano bene, che per la ragazza sarà paurosamente fatale. Tanto da spingerla, dopo quanto successo, a rinchiudersi ancora di più in se stessa, e gli ignari e supponenti  genitori a correre ai ripari costringendola a una terapia psicanalitica, che rivelerà invece lo spirito sarcastico e vivace, oltremodo sano e intelligente, della ragazza. La quale, con Lula, che è ormai la sua unica compagnia, ha uno scopo non da poco: ritrovare i cuccioli che il padre ha dato via.
La storia si dipana tutta su questi elementi diversi che Pederiali intreccia con la sapienza narrativa che gli è propria, facendo emergere una tenerezza che, proprio perché vista con gli occhi di Lula, ha espressioni di innocenza, da cui emergono, per contrasto, l’infelicità e l’aridità sentimentale di quella parte dell’umanità i cui valori si riducono tutti al denaro, all’apparire, al possesso fine a se stesso, facendo de “L’amore secondo Nula” un romanzo davvero speciale, per tutte le età e, soprattutto, per chi ama gli animali.
Naturalmente, non tutta l’umanità è così negativa come i coniugi Ghedini. La loro figlia Lula, da non confondere con l’amato quadrupede Nula, sta lì a dimostrarlo, al pari della confidenziale cameriera nigeriana Bianca Boateng. Un nome non a caso, questo, uguale a quello del calciatore, a nostro avviso una sorta di cammeo milanista così come si chiamerà Nocerino, l’ispettore di polizia che sequestrerà alcune foto ritenute osè che la ragazza Lula spacciava al parco per tirar su la paghetta che i genitori le avevano tolto per il suo improvviso scarso rendimento a scuola.
                                                                                  Diego Zandel
Giuseppe Pederiali, L’amore secondo Nula, Garzanti, pag. 238, €. 16,40           

sabato 3 novembre 2012

TRE GIALLISTI ROMANI: VERDE, PROIETTI&CRISPO, LUCERI

Uno dietro l’altro escono i gialli  di tre autori romani: si tratta di “La sconosciuta del lago” di Nicola Verde, “Chiunque io sia” della premiata coppia Biagio Proietti e Diana Crispo, e “Le strade di sera” di Enrico Luceri, tutti pubblicati dalla Hobby&Work.
Il romanzo di Nicola Verde “La sconosciuta del lago” si rifà a un caso vero: il ritrovamento del cadavere di una donna decapitata nei pressi del lago di Castel Gandolfo, a pochi chilometri dalla capitale, nel 1955.  L’autore sonda il mistero grazie alla messa in campo di un commissario, Leopardo Malerba, al quale sono stati tolti i panni  dell’eroe  e le stimmate dell’infallibilità per quelli di un uomo con tutti i suoi difetti e ambiguità. Il che lo rende quel tanto antipatico da renderlo un personaggio. Si aggiunga che la storia non è confezionata secondo i canoni della tipica indagine ma attraverso una teoria di capitoli nei quali a rotazione parlano i diversi testimoni che con la donna decapitata hanno avuto a che fare. Il risultato è un giallo non banale che affonda il bisturi nella psiche e nell’animo dell’essere umano con matura sapienza narrativa.
Quella stessa che ci offrono Biagio Proietti e Diana Crispo, ai quali si devono due tra i più grandi successi di tutti i tempi per quanto riguarda gli sceneggiati televisivi: “Coralba” e soprattutto “Dov’è Anna”, per la regia di Daniele D’Anza. 
“Chiunque io sia” prende spunto a sua volta da un vecchio soggetto televisivo “La mia vita con Daniela”, andato in onda, anch’esso con successo, nel 1976, ed ora trasformato in romanzo (e, leggendolo, si avverte la sottotraccia della sceneggiatura). Si tratta di una storia che ti prende fin dall’inizio: una donna si presenta allo studio dell’avvocato Morelli per essere assunta come segretaria, solo che, non appena la vede, l’avvocato riconosce il lei Daniela, la moglie scomparsa otto mesi prima. La donna però afferma di chiamarsi Bianca Rizzi  e non dà segni di riconoscimento dell’uomo né di altri particolari relativi alla vita di Daniela. Su questo equivoco pirandelliano molto bene costruito da Proietti e Crispo si snoda l’intera vicenda che porterà le indagini da Roma, dove è cominciata, a Parigi e a Bruxelles, per poi tornare definitivamente a Roma per lo scioglimento dell’enigma. Che ovviamente lasciamo scoprire, carta dopo carta, al lettore.
Il terzo romanzo “Le strade di sera” di Enrico Luceri  è ambientato invece in Umbria, in un paesino inventato, in cui il commissario Michele Forestieri è andato a trascorrere  la convalescenza  in seguito a un gravissimo incidente capitatogli nel corso di un’operazione di polizia che aveva a che fare con l’arresto di un pedofilo assassino di tre bambini. Il commissario, appena rimessosi dalle sue ferite, anela a ritornare a casa dalla propria famiglia, ma viene trattenuto dalla visita di una donna disperata alla quale è stata uccisa la figlia, una bambina della stessa età della figlia del commissario. L’assassino non è stato mai trovato. I carabinieri del luogo, guidati dal maresciallo Cimicchi, dopo due anni di indagini non hanno cavato un ragno dal buco ed anzi sembrano sempre più rinunciare a risolvere il caso. Il commissario Forestieri, mosso a pietà, accetta. E dà avvio a una serrata indagine personale che non può non incontrare il disappunto del maresciallo Cimicchi che lo accusa di illudere inutilmente la donna.  Ma il commissario Forestieri gli dimostrerà il contrario. Un giallo quest’ultimo che, al contrario dei primi due, percorre le piste più classiche del genere e che conferma le doti narrative di questo giovane autore che nel 2008, con “Il mio volto è uno specchio”, ha vinto il Premio Tedeschi per il miglior giallo inedito poliziesco dell’anno, guadagnandosi poi la pubblicazione nei prestigiosi Gialli Mondadori.
                                                                                 
Diego Zandel

Nicola Verde, La sconosciuta del lago, Hobby&Work, pag. 293,€. 18,00
Biagio Proietti&Diana Crispo, Chiunque io sia, Hobby&Work, pag. 221, €. 16,50


Enrico Luceri, Le strade di sera, Hobby&Work, pag. 231

mercoledì 11 luglio 2012

LADRO DI LIBRI: "IO SONO IL LIBANESE" DI GIANCARLO DE CATALDO (EIN...

LADRO DI LIBRI: "IO SONO IL LIBANESE" DI GIANCARLO DE CATALDO (EIN...: LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 10-7-2012 ROMANZO CRIMINALE UN PASSO INDIETRO “Io sono il Libanese” di De Cataldo di Diego Zandel Vi ricorda...

"IO SONO IL LIBANESE" DI GIANCARLO DE CATALDO (EINAUDI STILE LIBERO)

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 10-7-2012
ROMANZO CRIMINALE
UN PASSO INDIETRO
“Io sono il Libanese” di De Cataldo
di Diego Zandel
Vi ricordate il prologo di “Romanzo criminale”, il capolavoro di Giancarlo De Cataldo?  Cominciava con il pestaggio di quattro “pischelli” a un uomo che “qualche anno prima, solo a sentire il suo nome, si sarebbero sparati da soli, piuttosto che affrontare la vendetta”, perché quell’uomo aveva fatto parte della banda della Magliana. Tant’è che, quando incredulo, si alza dalla polvere grida “Io stavo col Libanese!”. Cioè con colui che della banda della Magliana è stato l’ispiratore, il capo.
Ebbene, ora De Cataldo torna su questa figura, cogliendola all’inizio della sua carriera criminale fino a quando sostanzialmente ha inizio “Romanzo criminale” con il sequestro del barone Rosellini, e lo fa con un romanzo asciutto, veloce, dalla presa immediata “Io sono il Libanese”, edito da Einaudi Stile Libero.
Incontriamo il Libanese in carcere per un traffico di armi, preso in simpatia da un boss camorrista Pasquale  ‘o Miracolo, del quale si trova a salvare il prediletto nipote Ciro, in carcere pure lui, da un’esecuzione da parte di una banda rivale. La gratitudine del camorrista, appartenente alla corte di don Raffaele Cutolo,  ‘o Professore, si accompagna anche alla inespressa richiesta di sudditanza. Ma il Libanese non è il tipo. Da tempo, con i suoi amici di lungo corso, Dandi, Bufalo, Scrocchiazeppi e poi gli altri personaggi che entreranno a far parte della epopea della banda, il Libanese riflette sulla necessità di darsi una struttura di tipo “militare”, con una gerarchia, una cassa comune e quant’altro secondo gli schemi della criminalità organizzata. Nella sua Roma infatti non esiste tutto ciò, come tutti i romani sono “anarchici, individualisti, allergici alla disciplina”. E lo scotto che si paga è sempre quello di ritrovarsi, dopo un colpo, “di nuovo al palo, a spremersi le meningi per campare la giornata dell’indomani”.
L’occasione gliela offre Pasquale ‘o Miracolo con una proposta: c’è una nave che partirà con un carico di droga, il Libanese può entrare nell’affare con 300 milioni di lire. Il resto poi verrà da se: il Libanese e i suoi “compagni, i suoi fratelli, la sua gente” diventati una banda organizzata , con quella “roba” inonderà la capitale, mettendo all’angolo tutti i piccoli trafficanti il cui (piccolo)  potere è sparso tra i vari quartiere. Sarà la realizzazione del suo sogno: prendersi Roma ed essere loro dettare legge, respingendo, tra l’altro l’assalto sia da parte della camorra che dei marsigliesi che puntano allo stesso obiettivo.
Trovare pertanto i 300 milioni che gli consentono di entrare nell’affare sarà la prima preoccupazione del Libanese. Ed è nel corso di questa caccia, che si nutre di continue delusioni, che l’uomo fa un incontro che avrebbe potuto cambiargli la vita. L’incontro con una ragazza bellissima, una Dea, come la vede, Giada, figlia di una ricca famiglia borghese, studentessa universitaria e, in quel tempo di  ribellioni sessantottine, fanatica militante di gruppi estremisti di sinistra che, contraddittoriamente al suo stato sociale, inneggiano al potere proletario.  E nel Libanese, nella sua vita, nella sua storia, Giada, scopre uno straordinario rappresentante  di quella classe. La scintilla tra  i due scoppia quando il Libanese la salva da un coma per overdose. Lei si fa, così come un suo amico, che poi si scopre essere gay,  anche lui di famiglia ricca, uno che odia il padre e che, in qualche modo, ne favorisce il sequestro da parte di Libano e dei suoi compagni. Un sequestro che avrà risvolti  comici e deludenti e che spingeranno ancor più il Libanese ad affinare la sua professionalità.  Ma la strada è lunga e difficile perché il Libanese,  nonostante i sogni  di gloria, si perde con facilità, basta un tavolo verde, un’occasione facile, quelle tentazioni che lo accomunano più a un ladruncolo o rapinatore di strada che al capo di una banda che vuole conquistare il controllo di una città. Tanto da perdere così anche Giada. Ma la lezione evidentemente gli servirà.
Il romanzo conferma le grandi doti narrative di De Cataldo e la competenza, evidentemente frutto dell’altro suo lavoro di giudice, dell’ambiente, del suo linguaggio, delle sue crude leggi  e, considerata la spietatezza che lo circonda,  delle psicologie necessarie a sopravviverci. Anche se, proprio ammirando le  sue straordinarie qualità, non lo vorremmo ostaggio della banda della Magliana.
       
Diego Zandel
Giancarlo De Cataldo, Io sono il Libanese, Einaudi Stile Libero, pag. 131,  €.13,00         

domenica 1 luglio 2012

ESSERE E NON ESSERE BOB LANG

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 29-6-2012

L’ultimo thriller è anche una metafora dello scrivere

Essere o non essere Bob Lang questo è il problema
Zandel: la finzione e la realtà

di Luana Trapè

Essere Bob Lang, un affascinante e audace giornalista, e nel contempo non esserlo, perché si è Marco Molina, l’altro protagonista che sta scrivendo un romanzo su di lui. Questa è la sostanza della storia, anzi delle due storie che scorrono nell’ultimo thriller di Diego Zandel, il quale, come avviene nelle opere precedenti, ‘impasta’ i personaggi con il materiale vivo della sua esperienza,  “ci mette i suoi ricordi”, i libri amati, le visioni, gli odori, le persone conosciute nei luoghi cardine della sua vita: Roma e l’isola di Kos, con qualche puntata a Cipro.
I due protagonisti sono esattamente agli antipodi: Marco Molina “che non sa nemmeno andare in moto”, conduce una vita tranquilla e confortata dagli affetti familiari, ma il suo lavoro di impiegato frustrato lo angustia, e così sogna di diventare ricco e famoso scrivendo un bestseller: il protagonista è Bob Lang, sempre in giro per il mondo tra pericoli e belle donne; il suo nome echeggia “nel buio come uno sparo”. Molina è certo che per raggiungere il suo scopo dovrebbe architettare una storia di misteri, oscuri traffici, mafia, contrabbando, intrighi internazionali, ma sa anche che si deve scrivere solo su quello che si conosce. E che cosa conosce lui? “Amorazzi e gelosie, invidie e frustrazioni, rivalità e dispetti, pettegolezzi, tiri mancini … i rimbrotti del capoufficio, le proteste dei clienti, i conti che non sempre tornano...”
Hemingway dice: Non devi scrivere, se non sai scrivere. E lui “sa davvero scrivere? O è solo l’esperienza che gli manca? … Per lui  la vera vita da raccontare è quella al di là del vetro antiproiettile delle porte blindate accanto a Bob, non a personaggi scialbi come i suoi colleghi.” Ma come cavarsela in situazioni spinose che ha creato lui stesso? Come descrivere focosi amplessi, che non ha mai vissuto? E, nel caso ci riuscisse, che cosa penserebbe di lui il figlio se un giorno leggesse il suo capolavoro?
Il suo creatore Zandel, mentre osserva (e inventa) con affettuosa e complice ironia i suoi incerti tentativi di “essere Bob”, gli dimostra che in realtà è possibile scrivere un libro di successo anche narrando piccole vite come la sua, e conduce abilmente le due storie parallele, e totalmente diverse nell’atmosfera, nel registro e nel ritmo narrativo. Pagina dopo pagina, il lettore si convince che la vita di Marco sia “vera” - inventata invece quella di Bob -, cosicché viene colto di sorpresa quando  le due vicende si intrecciano e si sovrappongono quasi per volontà autonoma (grazie anche all’accorto uso dei flash back) e i personaggi passano dall’una all’altra diventando persone, o viceversa.
 Lo sguardo del narratore è particolarmente attento alla creazione del doppio palcoscenico sul quale si svolgono le storie: le città descritte nei loro angoli più segreti; gli interni curati nei minimi particolari, perché quando il personaggio entra in una stanza - dice Zandel - l’autore deve sapere tutto quello che c’è, anche se  poi non lo descriverà. 
“Essere Bob Lang” non è soltanto un’opera godibile che avvince il lettore fino al colpo di scena finale: è anche un ottimo vademecum per un esordiente, al quale Zandel, oltre a ottimi consigli “del mestiere”, offre i propri modelli letterari, come Hammett, Chandler, Cechov, Green… E per finire, in un’icona trafugata da un antico monastero della Tessaglia - raffigurante S. Giorgio vittorioso sul drago - una preziosa metafora del romanziere alle prese con la scrittura.
Luana Trapè